SLa separazione costituisce il primo passo per porre fine al rapporto giuridico instauratosi con il matrimonio. Ma solo la sentenza di divorzio ne farà cessare gli effetti facendo perdere alle parti lo status di coniuge. Può essere chiesta da ciascuno dei coniugi per motivi che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza coniugale, indipendentemente dalla colpa di uno dei due, e può essere consensuale o giudiziale.
La separazione consensuale si sostanzia in un accordo tra i coniugi che trova espressione pratica nella comune volontà di arrivare alla separazione con delle condizioni condivise (diritto di visita del genitore non collocatario dei figli e accordo sul mantenimento). La separazione giudiziale comporta, invece, l’instaurarsi di una lite giudiziale ed ha la particolarità di prevedere la possibilità dell’addebito della separazione ad uno dei coniugi dichiarato il responsabile unico del fallimento del coniugio a causa del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Tra la separazione ed il divorzio devono intercorrere almeno tre anni, che decorrono dalla data di comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale. Il divorzio pone fine definitivamente al matrimonio, facendo cessare gli effetti civili. Per la Chiesa, quindi, il matrimonio perdura nonostante il divorzio, non permettendo la celebrazione di un nuovo matrimonio religioso. Come la separazione, può essere chiesto in via congiunta oppure giudizialmente qualora non ci sia accordo tra i coniugi sulle condizioni.
LIl regime patrimoniale e l’indirizzo di vita comune (art. 144 c.c.) possono essere costituiti, o modificati nel corso del matrimonio, tramite gli accordi matrimoniali (art. 162 c.c.) aventi effetti vincolanti tra i coniugi per essere la base della futura convivenza coniugale. Stipulati ex art. 1322 c.c. sono realizzati mediante atto pubblico che va trascritto ed annotato a margine dell’atto di matrimonio per l’opponibilità ai terzi.
Sono nulli quegli accordi matrimoniali stipulati per prevedere le condizioni dell’eventuale futura separazione così come quelli per stabilire l’assegno di divorzio. Dopo la stipula, in caso di disaccordo tra i coniugi è possibile chiedere al Giudice l’applicazione di quanto previsto negli accordi; in caso di inadempimento, invece, gli accordi possono assumere valore anche in sede di una eventuale separazione.
MIl mobbing familiare è quella particolare forma di vessazione all’interno delle dinamiche relazionali coniugali e familiari che si manifesta in forme di violenza poco visibili come i silenzi, gli inganni, le umiliazioni e le sopraffazioni. Ciò è finalizzato alla delegittimazione ed alla estromissione di uno dei coniugi dai processi decisionali riguardanti la famiglia e i figli con l’obiettivo di demolirlo psicologicamente.
Spesso è il genitore collocatario a mettere in pratica quei comportamenti persecutori verso il genitore non collocatario al fine di spezzare il legame genitoriale nei confronti dei figli. Altre volte, invece, quegli atti di violenza verbale o psicologica sono finalizzati strategicamente ad indurre e costringere l’altro coniuge a lasciare la casa coniugale ed “accettare” una separazione consensuale piuttosto che continuare a subire minacce, denigrazioni e delegittimazioni familiari e sociali.
Il mobbing può essere coniugale quando gli attacchi sono indirizzati verso l’altro coniuge per indurlo a condividere decisioni che non avrebbe mai accettato o per minare il suo ruolo all’interno della famiglia. Il mobbing genitoriale è invece quello che tende ad escludere l’altro genitore dall’esercizio della propria responsabilità genitoriale; ciò accade durante la fase della separazione o del divorzio attraverso azioni volte a disturbare e rendere impossibile la frequentazione con i figli e in genere finalizzate all’emarginazione dai processi decisionali nei confronti dei figli ed al discredito familiare e sociale.