Tale esclusione comporta la nullità del matrimonio quando una o entrambe le parti, con una volontà positiva, intendono non porre in essere il vincolo perpetuo che li lega per tutta la vita riservandosi il proposito di riprendersi la propria libertà, nel caso di infelice esito dell’unione coniugale, attraverso il divorzio o l’annullamento.
Parimenti si presume avere escluso il bene dell’indissolubilità colui che si proponesse di tentare un matrimonio ‘a prova’, da sciogliere in determinate circostanze con il riacquisto della piena libertà.
La propensione o la semplice previsione, ad esempio, del divorzio, non è sufficiente ai fini di una pronuncia di annullamento.
Occorrerà valutare:
• i convincimenti religiosi di chi avrebbe escluso l’impegno perpetuo nel matrimonio;
• i convincimenti matrimoniali dello stesso (essere un divorzista, militare per movimenti politici pro divorzio etc.);
• come sia trascorso il fidanzamento, se, cioè, vi siano state interruzioni, o se sia stato litigioso;
• se, a causa di quanto appena detto, vi fossero dubbi, preoccupazioni nell’imminenza delle nozze, di un infelice esito del matrimonio;
• il motivo per cui il soggetto celebrò matrimonio religioso (se forzato dalle convenzioni sociali o se per libera scelta, se fu proposta la semplice convivenza o il matrimonio solo civile, etc.).
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