Assegno di mantenimento, l’inadempimento saltuario non è reato
Con una recente sentenza la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di un padre contro la sentenza della Corte di Appello di Messina che confermando il primo grado lo aveva condannato ex art. 570 co. 2, c.p., ha stabilito il principio in base al quale l’inadempimento saltuario del pagamento dell’assegno di mantenimento in favore dei figli minori non è reato: l’ex marito, quindi, non può essere condannato per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio.
La Corte afferma che se le inadempienze (nella fattispecie non erano state pagate sei mensilità su ventuno) sono compatibili con il lavoro dal soggetto obbligato (nel caso, cameriere con contratto a tempo), non si configura “quanto meno sotto il profilo psicologico, quella consapevole e volontaria sottrazione agli obblighi di somministrazione dei mezzi di sussistenza che costituisce il nucleo essenziale del delitto previsto dal secondo comma dell’art. 570 c.p.”
Cass. pen., Sez. VI, Sent. 28.08.2012, n. 33319
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. G.F. ricorre contro la sentenza specificata in epigrafe, che confermava la condanna per il reato previsto dall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, – per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minorenne dall'(OMISSIS) 2003 al (OMISSIS) 2005 – e denuncia mancanza e contraddittorietà della motivazione, censurando che l’affermazione di colpevolezza sia stata fondata sulla testimonianza della moglie, secondo cui egli versava l’assegno di mantenimento soltanto ogni tre o quattro mesi, quando invece i vaglia prodotti dimostravano, salvo rare eccezioni, la regolare effettuazione dei versamenti della somma mensile stabilita dal giudice nel provvedimento di separazione personale dei coniugi.
Chiede in subordine che il reato sia dichiarato estinto per prescrizione.
2. Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.
La sentenza impugnata desume la prova del delitto contestato dalla testimonianza della moglie dell’imputato, secondo cui lo stesso le dava i soldi necessari per il mantenimento del figlio minorenne “quando se lo ricordava, ogni tre o quatto mesi”, testimonianza che – prosegue la sentenza – trova riscontro documentale nella discontinuità dei versamenti risultanti dai vaglia postali prodotti dalla difesa.
Senonchè, dall’esame dei cennati vaglia, puntualmente elencati nella pagina 3 della sentenza impugnata e lealmente riconosciuti dalla denunciante per ricevuti, risulta che, nel periodo contemplato dall’imputazione (dall'(OMISSIS) 2003 al (OMISSIS) 2005), solo sei mensilità su ventuno non furono pagate. Quindi l’inadempimento non ebbe l’elevata frequenza denunciata, che, ove si fosse realmente verificata, avrebbe senz’altro compromesso il sostentamento del minore al punto da realizzare la fattispecie penale contestata, ma fu invece saltuario, plausibilmente collegato al tipo di lavoro svolto dai soggetto obbligato (cameriere con contratto a tempo), e quindi tale da non configurare, quanto meno sotto il profilo psicologico, quella consapevole e volontaria sottrazione agli obblighi di somministrazione dei mezzi di sussistenza che costituisce il nucleo essenziale del delitto previsto dal secondo comma dell’art. 570 c.p..
Pertanto la sentenza impugnata, per fa manifesta illogicità della motivazione che valorizza una testimonianza palesemente contraddetta da risultanze documentali incontrovertibili, dev’essere annullata senza rinvio perchè il fatto non costituisce reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.
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